Nato a Valona nel 1942, Luigi
Voltolina arriva a Venezia all'età di due anni, con il rimpatrio della
famiglia. La sua passione artistica trova precedenti incoraggiamenti nello
stesso ambito familiare: il cugino Nello Voltolina era stato uno dei
protagonisti del Futurismo Veneto negli anni Trenta-Quaranta e il cugino Pino
Ponti, uno dei protagonisti dell'ambiente milanese di Corrente. Sarà proprio
grazie a quest'ultimo che entrerà presto in contatto con i maggiori esponenti
dell'ambito artistico milanese e veneziano. Si diploma nel frattempo in Arti
grafiche all'Istituto d'Arte di Venezia, seguendo gli insegnamenti di Mario
Dinon. Subito dopo, lavora per un breve periodo alle vetrerie F.lli Toso di
Murano.
Il primo riconoscimento ufficiale
lo ha nel 1958, con la partecipazione a un concorso al Petrolchimico di
Marghera, dove vince il primo premio di pittura con una natura morta.
L'esordio vero e proprio arriva
però nel 1963 con una personale a Venezia, alla galleria Venezia, a cura di
Federico Castellani, dove espone tematiche di vita quotidiana e ritratti. Nella
città lagunare conosce Armando Pizzinato, Emilio Vedova, Luigi Tito, Vittorio
Basaglia, Virgilio Guidi, a Milano instaura fertili contatti con Gabriele Mucchi,
Remo Brindisi. Queste e altre frequentazioni gli permettono di avvicinare le
ricerche italiane più avanzate in ambito pittorico figurativo e astratto
aiutandolo a evitare le insidie del linguaggio accademico e provinciale.
Nel 1967 partecipa alla collettiva
12 Artisti Italiani alla Worness Gallery di New York: è il primo contatto con
la città che diventerà, a partire dagli anni Novanta, sua città d'elezione.
La
svolta professionale comincia nel 1972 con il trasferimento a Roma,
in uno studio in Vicolo della Palomba, nei pressi di Piazza Navona. Vive con
entusiasmo il clima stimolante della capitale, le accese discussioni, gli
incontri artistici e letterari, condividendo l'esperienza anche con la moglie
Serena. Stringe amicizia con gli artisti Salvatore Provino, Ennio Calabria, Ugo
Attardi e frequenta l'ambiente letterario di Gabriella Sobrino, dell'editore
Massimo Riposati, dello scrittore Guglielmo Petroni. Attratto molto dalla
poesia, inizia a collaborare con case editrici: con il CIDAC (Centro Italiano
Diffusione Arte e Cultura diretto da Ennio Moricco) pubblica due poesie e due
incisioni dal titolo Relitti e Vita, nell'antologia di incisioni
e poesie Il segno e la parola
(1973); per Rebellato Editore fa la copertina del testo poetico di Ismail
Kadarè, A cosa pensano queste montagne (1974).
In questi anni il suo lavoro
va acquisendo via via una tensione compositiva e figurale più complessa: lo
sguardo iniziale rivolto all'insegnamento cézanniano e picassiano,
espressionista sino ai valori dell'oggettività contemporanea del nuovo realismo
- da Guttuso a Zigaina a Vespignani - viene scardinato da una necessità di
sintesi personale, che va a inglobare anche l'ascendenza drammatica baconiana.
L'esecuzione si fa rapida, tagliente, inquietante, capace di ribaltare ogni
riferimento e luogo comune della figurazione. La ricerca della resa pittorica
del dinamismo, libera anche dai riferimenti futuristi, diviene necessità primaria tanto da
stravolgere il focus compositivo delle immagini, creando dei veri e propri
"sdoppiamenti" delle figure e delle linee di fuga che sembra
travalichino il perimetro costrittivo dei supporti.
Gli esiti pittorici
dell'esperienza artistica romana, trovano, fin da subito, buoni riscontri: a
Parigi, in una personale alla Camera di Commercio Italiana (1972); alla X
Quadriennale a Roma, La nuova generazione (1975), invitato con Le tre
età e Sogno di Kafka; alla Biennale di Thiene vince il primo premio
con un dipinto ad olio di un nudo femminile.
Dalla fine degli anni Settanta
espone ripetutamente anche Ginevra, alla Galleria Court-Du-Cygne.
Nel 1977 lascia Roma e rientra
definitivamente nello studio di Calle della Testa a Mestre, dove nel frattempo
la famiglia si era trasferita.
Nel 1979 costituisce il gruppo
"Situazione" a Milano, con Tiziano Bertacco, Aurel Ionescu, Airval,
Massimo Marchesotti, Michele Damiani, Enzo Sacheli. Il gruppo si scioglie dopo
circa tre anni, ma con alcuni di loro continua a partecipare a delle rassegne
di murales in varie città italiane: a Gardone Riviera (1979); alla
seconda rassegna internazionale di murales a Cala'mpiso in Sicilia, dove
esegue Le tre età dell'uomo,
un'allegoria selezionata tra le migliori da Adrè Verdet, critico
ufficiale della rassegna (1979); a Lomazzo in Brianza (1981); a Belpasso
(1981); a Fiesso (1984); ad Aprica in Valcanonica (1985); a Gardone
(1985).
A
partire dai primi anni Ottanta riprende i contatti con le vetrerie
muranesi per realizzare delle sculture in vetro, avvalendosi nel tempo delle
collaborazioni dei maestri vetrai più qualificati come Loredano Rosin, Pino
Signoretto, Walter Furlan, Mario Dei Rossi. Queste sculture, così come altre
piccole sculture in bronzo, si ispirano alle tematiche delle pitture e
raramente saranno esposte al pubblico perché l'artista le produce quasi esclusivamente
per se stesso.
Dei primi anni del decennio sono
da ricordare le partecipazioni: al premio Comisso a Treviso (1981); a Biennale
1982, a Palazzo Papadopoli, evento collaterale alla XL Biennale veneziana,
organizzato dal Centro Culturale Artistico Veneziano (1982); alla Mostra di
Bozzetti per muri dipinti a Sacca Fisola,
alla Galleria Bevilacqua La Masa a Venezia (1982); alla 3^ Biennale d'Arte
Città della Spezia (1983); alla VI Biennale Triveneta delle Arti a Villa
Simens Contarini a Piazzola sul Brenta (1983); alla Fiera Internazionale Arco
83 a Madrid, dove espone con lo Studio d'arte Enrique Gomez.
Continuano anche le
collaborazioni letterarie: del 1983 è il disegno, Il poeta nella storia,
per la copertina del poema La storia in rima (edito dalla London
University Press) scritto dall'amico
Giuliano Dego, con il quale intrattiene già da anni scambi culturali tra
Venezia e Londra.
Nel 1984 si reca in Spagna
invitato a esporre con una personale nei saloni dell'Ambasciata Italiana a
Madrid.
L'incontro con Madrid diventa
foriero di qualcosa che cercava da tempo. La svolta va verso territori più
istintuali e irrazionali del far pittura che, inglobando anche la cultura
dell'Informale, liberano le figure da molti vincoli anatomici. Ritrova nella cultura
popolare del ballo flamenco e nelle movenze dei toreadores i soggetti ideali
per esprimere contrapposti sentimenti, drammatici e vitalistici. Ne esce una
nutrita serie (Taccuino spagnolo) di pitture,
gouache, disegni, grafiche di ritratti e figure che trova, fin da
subito, larghi consensi.
Anche a Madrid collabora con
alcune testate: con tre incisioni per la rivista letteraria di poesie "Arrecife" (1987) e alla
copertina per la rivista di flamenco "Candil", n. 58 (1988).
Tra le mostre di questo periodo,
meritano rilevanza: la collettiva itinerante in Francia, Nuovo
Espressionismo (1984); la personale al Centro Europeo per la Ricerca
Nucleare di Ginevra (1985); la
collettiva alla Bevilacqua La Masa a Venezia (1986); 45 pittori raccontano
lo sport al Foro Italico, mostra in concomitanza dei Cento giorni di sport
al Foro Italico di Roma (1986); la Biennale Internazionale d'Arte di Malta
(1988); la personale, Il coraggio di sbagliare, all'Istituto Santa Maria
delle Grazie a Mestre (1989) accompagnata, non a caso, da una ambientazione
sonora composta per l'occasione da Sandro Zane. Come la poesia, anche la musica
ha sempre avuto, infatti, per Luigi Voltolina un posto particolare, specie il
jazz d'oltroceano. Questo interesse lo porta finanche a conoscere il
trombettisa Miles Davis (prima a Brescia poi, nel 1988, a Castelfranco) e ad
averlo tra i suoi collezionisti. Con lui trova un'intesa umana e artistica
speciale. Ne escono alcuni studi, due ritratti a olio (del 1988 e '89, di
proprietà del musicista) e alcune serigrafie che andranno a comporre una
cartella di ritratti assieme a quelli
coevi dedicati a Pier Paolo Pasolini e Francis Bacon. La Cartella sarà
presentata nel 1990, in occasione dell'uscita del suo primo catalogo
monografico, Voltolina, con testo critico di Enrico Crispolti e
portfolio di Fulvio Roiter. Il catalogo, incentrato nella produzione dei lavori
degli anni Ottanta e Novanta, andrà ad aprire la felice stagione delle sue
personali d'oltreoceano.
Gli
anni Novanta si aprono all'insegna della continuità espositiva con
la Spagna: nel 1991 alla Galleria Enrique Gomez, a Madrid; nel 1992 al Batik
International Art a Barcellona; nello stesso anno espone anche in America, al
Banco Interamericano di Sviluppo a Washington.
Nel 1994 è per la prima volta a
New York, ospite di Monsignor Renato Martino, Arcivescovo della città.
L'impatto con Manhattan è davvero forte, come l'aveva desiderato e immaginato.
Vi rimane per due mesi e rientra con una grande quantità di appunti di viaggio
(studi, bozzetti, schizzi), vero e proprio humus del prossimo ciclo di
lavori degli anni 1994-'95. In quell'occasione inizia la collaborazione con la
Juno Gallery.
New York, come era stata dieci
anni prima Madrid, diventa vero e proprio viatico per ulteriori riflessioni.
Questa volta il ritmo della vita non è il flamenco, ma è il ritmo stesso della
città che ingloba le figure nelle suo spazio fino a confondere la dimensione
umana con quella architettonica e urbana. Le figure di questi anni si
allungano, divengono ingranaggi di un moto inarrestabile, ancora una volta
tragico e vitalistico insieme. Affascinato e turbato dall'incontro con il
"nuovo mondo", darà vita a un connubio figure-spazio dove l'emergenza
segnica verticalizzante rende "astrattamente naturale" la
compenetrazione delle sagome umane nello spazio circostante. Il ritmo delle
composizioni segue le traiettorie geometriche esasperate dei grattacieli, del
concitato procedere metropolitano,
esaltando la sua innata capacità di sintesi gestuale.
Dal 1994, tra le personali, da
ricordare: alla Galleria Zammarchi di Milano (1994); al Museo d'Arte Moderna di
Gazzoldo degli Ippoliti (1994); alla Corte di Giustizia della Comunità Europea
a Lussemburgo (1996); alla Pinacoteca Comunale di Hesperange (LU) (1998). Tra
le numerose collettive: Art '96, esposizione internazionale a Miami
(1996); al Palazzo dei Trecento a Treviso (1996); a Villa Contarini a Piazzola
sul Brenta (1996); alla Galleria Needien a Berkelland (NL).
Il
2000 inizia all'insegna del confronto tra New York e Venezia. È
un'esigenza dell'artista quella di
approfondire il rapporto con le
due città che gli stanno, per motivi diversi, particolarmente a cuore. Con questo scopo nascono il catalogo Notes
Venezia New York e tre personali: alla
Bugno Art Gallery a Venezia e all'Auditorium Comunale di Champo. Due anni dopo, nel 2002, alla Juno Gallery di New York.
Sempre nel 2000, partecipa a
un'importante rassegna sul mosaico, Mosaico è, a Villa Manin di
Passariano. In mostra le opere di ventotto noti artisti contemporanei italiani,
re-interpretate con il mosaico, con la collaborazione anche degli allievi.
Entusiasta dell'esperienza, ritornerà più volte, ospite della Scuola Mosaicisti
del Friuli di Spilimbergo, fino allo stage del febbraio del 2008.
Tra le altre mostre della prima
metà del 2000, si segnalano: la piccola antologica a Villanova di Prata; la
Mostra itinerante Venezia-Roma-Firenze; Arte
messaggio di pace, alla Basilica di San Giorgio Maggiore a Venezia (2003);
la personale al Museo d'Arte dello Splendore di Giulianova Alta (2004); in
autunno; la retrospettiva alla Galleria Santo Stefano a Venezia (2004); Terza
Immagine: Luigi Voltolina e Diego Landi, al Centro Culturale Candiani di
Mestre (2004). Voltolina interviene nelle fotografie scattate dall'amico Landi durante
i concerti ad alcuni grandi musicisti jazz, rinnovando il suo interesse per le
tangenze musicali.
A partire dall'inizio del
2000, si va facendo strada la necessità di un'ulteriore sintesi incentrata sul
valore espressivo del segno grafico, con le sue valenze di estemporaneità. La
grafia diviene una sorta di traccia figurativa misteriosa coabitante con lo
spazio circostante che, nel frattempo, si è impadronito anche del valore del
vuoto. La ricerca di sintesi, annunciata con le opere "americane",
raggiunge esiti inediti già a partire dalla fine degli anni Novanta con le
serie delle pitture "modulari"
e "orizzontali" e si
innesta anche su un ripensamento cromatico: le compresenze coloristiche si
riducono fino a raggiungere effetti quasi bicromatici, modulati specialmente
dalla preziosità materica dei bianchi.
Il 2007 è l'anno della grande
retrospettiva a Berlino, invitato dall'Istituto Italiano di Cultura. La mostra raccoglie le opere più
significative degli ultimi dieci anni e anche qualche scultura in vetro della
metà del 2005. (Catalogo: Opere Recenti, con introduzione di Massimo
Donà).
Nel 2009, in occasione della LIII
Biennale di Venezia, espone alla Scuola Grande della Misericordia una ventina di lavori, dalla prima metà degli
anni Ottanta agli anni recenti; nello stesso anno, riconferma la sua presenza a
Manhattan con alcune opere nell'area espositiva del Zorzi NYC.
Il 2012 si apre con due
importanti inviti nell’ambito istituzionale dell’arte vetraria veneziana: il
primo al Museo del Vetro di Murano per la mostra Vetro Murrino, da Altino a
Murano, dove partecipa con La dote del maestro, un lavoro fatto
appositamente per l'occasione, raffigurante una "24 ore" di cristallo
piena di murrine colorate, a ricordo dei workmen newyorkesi e delle luminescenze
coloristiche veneziane; il secondo alla Scuola Abate Zanetti, al Premio Murano
2012. L'artista lavora per una settimana alla realizzazione dell'opera, in
sinergia con il maestro vetraio Giancarlo Signoretto, coinvolgendo anche gli
allievi della scuola.
Chiude l'attività espositiva del
2012 la grande antologica, Luigi Voltolina. Opere/works 1962/2012, a
Villa Contarini a Piazzola sul Brenta.